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Così l’ordine dei giornalisti censura il dissenso e impone il pensiero unico

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Di Francesca Totolo -27 Settembre 2019

Roma, 27 set – La perdita di credibilità e autorevolezza della stampa tradizionale italiana è palese e manifesta, e si concretizza nella costante perdita di lettori dei quotidiani, passati dal 67 per cento del 2007 al 37,4 per cento del 2018 (Rapporto Censis). Ma questo disamoramento non è soltanto causato dallo spostamento dell’informazione in rete. I fattori determinanti sono due: la chiara mancanza di neutralità dei principali editori, che non lesinano nel divulgare fake news per rafforzare la propria linea editoriale, e l’evidente indirizzo politico dell’Ordine dei Giornalisti, soprattutto dopo aver recepito, nel proprio codice deontologico, la Carta di Roma.

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La longa manus di Soros

L’Associazione Carta di Roma, che ha emanato la Carta deontologica nel 2008, segna l’entrata ufficiale in Italia della Open Society Foundations di George Soros, e avviene proprio all’alba delle cosiddette Primavere Arabe che hanno dato il via all’immigrazione di massa. La Carta di Roma impone il politicamente corretto all’informazione italiana, ad esempio l’abolizione del termine “clandestino” e l’invito a non citare nel titolo di un articolo la nazionalità di un malvivente. Nel 2018, decimo anniversario della sua costituzione, addirittura si consiglia ai giornalisti di non divulgare nemmeno la nazionalità di un criminale.

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Non c’è soltanto Soros tra i sostenitori dell’Associazione: l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, la Chiesa Valdese, le associazioni/organizzazioni finanziate dallo speculatore al completo (Amnesty International, ARCI, A buon diritto, Associazione 21 luglio, ASGI, Centro italiano per i rifugiati, Lunaria), il governo italiano con UNAR (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali della Presidenza del consiglio dei ministri), e la Federazione nazionale della stampa italiana (il sindacato unico e unitario dei giornalisti italiani).

Beppe Giulietti a Articolo 21

Dal 2015, il presidente della Fnsi, che dovrebbe rappresentare quindi ogni corrente del giornalismo italiano, è Beppe Giulietti, ex deputato di sinistra (Democratici di Sinistra, L’Ulivo, Italia dei valori) in carica dal 1994 al 2013 (5 legislature). Ovviamente, non può bastare l’appartenenza politica pregressa per definire l’onestà intellettuale e la non parzialità di un individuo.

Beppe Giulietti è stato tra i fondatori di “Articolo 21, liberi di…”, associazione che si propone di difendere i diritti di pensiero, parola e stampa, garantiti appunto dalla Costituzione italiana, e di lottare contro censure e bavagli. Giulietti ne è stato anche il portavoce fino alla sua elezione a presidente della Fnsi, seppur continui nella pubblicazione di articoli sul sito dell’associazione e nella diffusione quotidiana dei pezzi dei colleghi su Twitter.

Dagli articoli pubblicati da “Articolo 21, liberi di…”, ben quattro in un solo anno, riguardanti la sottoscritta, non sembrerebbe che l’associazione voglia garantire la libertà di stampa per tutti. Graziella Di Mambro, ex giornalista del gruppo editoriale del “camerataGiuseppe Ciarrapico, mi ha inserito nell’elenco dei picchiatori nell’articolo Giornalisti aggrediti da esponenti neofascisti. Un elenco così lungo che si potrebbe parlare di emergenza, definendomi poi “razzista” nel pezzo Francesca Totolo, la ‘dama sovranista’, presenta il suo libro a Latina e attacca le Ong, e usandomi altresì come arma impropria da scagliare contro Marcello Foa, Presidente della Rai.

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Infine, “Articolo 21, liberi di…” ha pubblicato un comunicato congiunto con Fnsi, Usigrai (Unione sindacale giornalisti Rai) e il Consiglio di redazione di Rainews 24, perché mi sono permessa di obiettare alle notizie diffuse dall’inviata a bordo del veliero Alex di Mediterranea, Angela Caponnetto, la quale affermava, dando peraltro degli “imbecilli” agli italiani, che i migranti sono muscolosi perché fanno i “lavori forzati” nei “lager libici”. Sempre durante la medesima crociera nel Mediterraneo, la Caponnetto intervistò l’odontoiatra Giulia Berberi, facendola passare per medico qualificato a bordo dell’imbarcazione della Ong. Al momento, la questione sull’esercizio abusivo della professione medica della Berberi è al vaglio dell’Ordine dei medici chirurgi e degli odontoiatri di Genova.

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