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Di La Redazione -25 Settembre 2019
Bologna, 25 set – Licenziata Cinzia Magnarelli, l’assistente sociale che aveva svelato come venivano stilate le relazioni che consentivano alla cricca di Bibbiano di togliere i figli alle famiglie. Coinvolta nell’inchiesta Angeli e Demoni, la sua testimonianza era stata decisiva per comprendere i metodi utilizzati dal team che in provincia di Reggio Emilia si occupava degli affidamenti. La donna in servizio presso l’Unione della Val d’Enza, composta da diversi comuni, per ora risulta essere il primo e unico licenziamento disposto dall’amministrazione locale.
Cinzia Magnarelli nelle prime fasi dell’inchiesta era stata sospesa dal suo lavoro. La sua confessione si era rivelata decisiva nelle indagini. Attraverso la diretta testimonianza aveva riferito di aver più volte falsificato alcune relazioni per convincere il tribunale dei minori a dare in affido a terzi i bambini che oggi sono al centro dell’inchiesta, considerati vittime di abusi. Nella sua confessione, la Magnarelli aveva parlato di pressioni da parte dei suoi superiori in particolar modo della dirigente dei servizi sociali Federica Anghinolfi, esperta del “metodo Foti” secondo il quale il 75% dei bambini hanno subito o subiscono violenze all’interno del nucleo familiare.
La testimonianza
In diversi casi la Magnarelli aveva aggravato le sue relazioni sulle situazioni vissute dai minori in esame, molti dei quali vivevano situazioni difficili ma non erano abusati o vittime di violenza. A causa di questo modo di lavorare che danneggiava ulteriormente le persone coinvolte, l’assistente sociale aveva chiesto il trasferimento, avvenuto poi il settembre 2018. Durante uno degli interrogatori aveva dichiarato: “Laddove certe problematiche si sarebbero potute risolvere con il supporto alle famiglie, si prediligeva comunque la valorizzazione degli elementi che potevano portare a una richiesta di trasferimento del bambino a sede diversa da quella familiare. Nel corso del tempo – ha confessato Magnarelli – ho metabolizzato il funzionamento del sistema. Il lavoro che facevo all’interno dell’equipe veniva criticato dai miei superiori. Nelle relazioni che sarebbero poi state mandate alla magistratura c’era sempre una predilezione per una visione dell’educazione del bambino scollegata dalla famiglia”.
Antonietta Gianola
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