Di Valerio Benedetti -29 Luglio 2019
(il Primato Nazionale).
Roma, 29 lug – Ha suscitato grande indignazione la vicenda recente di Eliana Frontini, la professoressa che ha commentato con «uno in meno» l’assassinio del carabiniere Mario Cerciello Rega. Tra le altre cose, l’insegnante (ora sospesa) rischia sia una denuncia per vilipendio che il licenziamento. Tuttavia, quello della Frontini non è purtroppo un caso isolato. Un’altra docente, Flavia Lavinia Cassaro, qualche mese fa ha perso il posto per i suoi insulti indirizzati alle forze dell’ordine durante una manifestazione antifascista contro CasaPound: «Vigliacchi, mi fate schifo, dovete morire», urlò agli agenti la maestra delle elementari. Ma non basta: vicino al licenziamento ci è andata anche Rosa Maria Dell’Aria, la professoressa palermitana che benedisse un filmato dei suoi alunni in cui si paragonava il Decreto Salvini alle leggi razziali. Tre indizi che fanno una prova, e cioè che la «scuola di sinistra» va assolutamente riformata.
Egemonia culturale?
Tutti questi episodi mostrano plasticamente la totale mancanza di rispetto di questa «scuola di sinistra» per le istituzioni dello Stato, siano esse rappresentate dalle forze dell’ordine o da un ministro dell’Interno che legifera in base al suo mandato elettorale. Ma, al contempo, dimostrano anche un’altra cosa: l’egemonia culturale della sinistra è sempre più in crisi. In altri tempi, infatti, questi episodi sarebbero stati minimizzati senza grossi problemi, finendo tra le note di colore di un’Italia lacerata da normali divergenze ideologiche. Oggi, invece, l’opinione pubblica italiana ha sviluppato numerosi anticorpi, e mal sopporta l’arroganza e il senso di impunità di certi insegnanti fanatizzati.
La scuola di sinistra e il ’68
Per pura convenzione, l’atto di nascita della «scuola di sinistra» può esser fatto coincidere con la stagione del Sessantotto. La rivolta anti-autoritaria di allora, infatti, divenne ben presto il cavallo di Troia che la sinistra utilizzò per costruire l’egemonia culturale teorizzata da Antonio Gramsci: scuola, università, magistratura, amministrazione pubblica – tutto questo doveva diventare una sua esclusiva riserva di caccia. Conquistare le menti per conquistare il potere (e il governo). Questa strategia di ampio respiro, perseguita con tenacia per oltre 50 anni, ha però avuto successo solo in parte: pur occupando molti posti-chiave nell’amministrazione dello Stato, la sinistra politica non è mai riuscita – se non per brevi periodi – a diventare maggioritaria. E per questo riversa ora il proprio astio su quelle fette di Stato e di elettorato che non riconoscono il suo dominio, e anzi sono pronte a combatterlo. Eccolo il paradosso dei nipoti (degeneri) di Gramsci: hanno riempito il mondo dell’istruzione di insegnanti «organici», eppure la scuola di sinistra ha fallito. Un fallimento che, si spera, consegnerà presto questi pedagoghi da operetta alla pattumiera della storia.
Valerio Benedetti
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